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I Martiri di Pietrarsa ricordati a San Giorgio a Cremano

Il 6 agosto 2011 un corteo di meridionalisti percorse la strada che portava all’ingresso dell’ex fabbrica di Pietrarsa. Deposero una corona di fiori sul luogo del primo eccidio di lavoratori “italiani”. I presenti si commossero all’ascolto del racconto della strage ed anche lavoratori dell’attuale Museo di Pietrarsa non credevano ai loro occhi. Sono passati 9 anni da allora e sono accadute diverse cose importanti.

Le dichiarazioni del 2020 sui tragici fatti seguiti all’unificazione d’Italia

Pietro De Martino – Assessore alla Cultura del Comune di San Giorgio e Storico particolare del Miglio d’Oro

L’eccidio di Pietrarsa del 6 Agosto 1863 fu il primo crimine contro dei lavoratori che pacificamente protestavano per difendere il proprio posto di lavoro opponendosi a chi aveva interesse a smantellare la prestigiosa  fabbrica Borbonica, vanto dell’intera penisola. Depredare il Sud delle sue ricchezze a favore delle ragioni del Nord era allora pratica diffusa dopo l’annessione del Regno delle Due Sicilie al neo Regno d’Italia. Lo scopo di quel governo era quello di impoverire l’intero Meridione per meglio sottometterlo.

In nome di questo obiettivo non si contano le brutalità, gli eccidi, le ingiustizie e le deportazioni perpetrate ai danni delle popolazioni meridionali.  Quel giorno sotto il fuoco sabaudo, di Bersaglieri e Carabinieri, perirono molti lavoratori e cittadini di San Giorgio.

” Da Assessore alla Toponomastica mi sono sempre battuto affinchè la vera storia, fulcro della cultura del nostro territorio, fosse divulgata. Ho sentito sempre come un dovere quello di diffondere le nostri origini e la verità dei fatti e non le vicende volutamente raccontate dai testi scolastici. “

Il riconoscimento alle vittime dell’eccidio di Pietrarsa,  con la titolazione di una strada ad esse dedicata, è stato il primo atto di un percorso culturale che si prefigge di raccontare i fatti e i personaggi che hanno reso grande Napoli e l’intero Meridione. Successivamente, sempre a San Giorgio a Cremano,  abbiamo titolato a Carlo di Borbone la piazza più importante della città, rimuovendo quindi  il nome di Vittorio Emanuele II, a cui era intitolata precedentemente. Siamo stati la prima Amministrazione in Italia  ad adottare simili provvedimenti e questo ci rende fieri.

Il nostro obiettivo è quello di continuare il percorso di riconoscimento dei tanti personaggi, anche locali, che hanno scritto pagine di storia. Uno di questi fu il capo massa Giorgio Punzo che nel 1799 , seguito dal popolo liberò la nostra città dai Giacobini.  Forse in pochi sanno che il nostro territorio fu notevolmente interessato da quei fatti, e si ebbero numerosi scontri tra il popolo insorto e l’esercito francese. L’esercito comandato dal Cardinale Ruffo, che marciò su Napoli per liberarla dai Giacobini,  partì proprio dalla nostra chiesa di San Giorgio Martire.

Il prof. Vincenzo Gulì – Storico del Regno delle Due Sicilie

Il prof. Vincenzo Gulì durante una delle commemorazioni a Pietrarsa

” Anche quest’anno singoli e gruppi commemoreranno l’eccidio del 6 agosto 1863 a Pietrarsa dei pacifici operai napolitani per mano dei famigerati bersaglieri sabaudi. Questa volta (Agosto 2020 ndr) non è stato possibile farlo anche il 1° maggio, per i divieti istituzionali, come negli anni scorsi, E’ doveroso ricordare l’enorme danno procurato dai conquistatori del 1861 alla memoria storica delle popolazioni dell’ex Regno delle Due Sicilie. La tragedia del lavoro a Pietrarsa ne è un esempio fondamentale. 

In questa ottica è stata imposta a fine Ottocento la celebrazione  del 1˚ maggio facendo riferimento a tragici  tumulti operai accaduti a Chicago nel 1886. Si ritenne allora quei poveretti come le prime vittime per il lavoro nel mondo moderno. Tutti si accodarono, anche in Italia dove si festeggiò per la prima volta, in grandi difficoltà di regime, nel 1890. Ebbene, ben 23 anni prima l’industria moderna aveva già assistito ai martiri per il lavoro per i gravissimi avvenimenti del 6 agosto 1863 a Pietrarsa. Antica fabbrica borbonica, vanto dell’intera penisola italica, dove inermi operai in sciopero furono massacrati dai bersaglieri tricolori.

Le cronache parlano di 9 vittime ma la ricostruzione storica accurata ritiene molto più numerosi i morti come si accennerà nelle cerimonie previste. Durante la cerimonia vi sarà una deposizione di fiori presso la targa  che il comune di Portici pose sul luogo della carneficina.

Il monumento alla memoria dei Martiri donato da Bruno Galbiati

Il monumento dedicato dal compianto Bruno Galbiati ai Martiri di Pietrarsa

Il noto e compianto scultore Bruno Galbiati, fiore all’occhiello dell’arte contemporanea del Miglio d’Oro pose questa opera in memoria degli operai assassinati dalle truppe regolari italiane. Gli operai scioperavano, per la prima volta nel Regno d’Italia, a difesa del posto di lavoro e per reagire ai vergognosi soprusi della direzione della fabbrica.

Il dott. Luigi Guarino, Il Comitato dei Martiri di Pietrarsa ed il 1 Maggio

Luigi Guarino sotto l’epigrafe di “Via Martiri di Pietrarsa” a San Giorgio a Cremano

Il dott. Luigi Guarino, presidente del Comitato, nato in concomitanza dell’inizio delle commemorazioni annuali tenute a Pietrarsa, è stato anche il “suggeritore” del nome di una Via a Pietro De Martino . Si tratta di Via dei Martiri di Pietrarsa. Durante la Presidenza dell’attuale Sindaco Giorgio Zinno l’opera è riuscita e questa bella città ricca di storia si è riappropriata di ciò che era suo. Di li a breve il Comitato dei Martiri di Pietrarsa ha dato il via alla prima manifestazione per il Primo Maggio. Furono presenti i Comuni di San Giorgio a Cremano, Portici, Napoli, i Sindacati, la gente comune ed ovviamente i movimenti meridionalisti assieme ai borbonici e neo-borbonici. Una doppia manifestazione quindi, il 6 di Agosto ed il 1 Maggio.

L‘Architetto Aldo Vella – Sindaco Meridionalista “figlio d’arte in politica

L’Architetto Aldo Vella

Aldo Vella è “figlio d’arte”. Il papà Nicola Vella, contadino ed operaio emigrato negli USA, tornò a Lacedonia, e caparbiamente si laureò in Giurisprudenza compiendo qualcosa di impensabile per quei tempi. Lacedonia è uno stupendo paese dell’Alta Irpinia, ma era povero e con la prospettiva di emigrare per i suoi abitanti. Nicola Vella ne diventò Sindaco amatissimo prima e Parlamentare poi. Fu scrittore e giornalista del Meridione e per il Meridione, stimatissimo e legato innanzi tutto alle persone socialmente più deboli ed esposte.

Nicola Vella in lotta per la sua terra

Nicola Vella fu il prototipo e l’esempio di Sindaco per il lavoro. Il suo capolavoro si compì nel ‘46 quando Vella concepì e costituì tra i Comuni della zona il Consorzio Idrico dell’Alta Irpinia. Ne divenne Presidente a titolo gratuito e portò l’acqua corrente in quei paesi assetati, vincendo una dura battaglia contro l’Acquedotto Pugliese.

La dichiarazione di Aldo Vella per il 2020

La prima volta che ho sentito parlare dell’eccidio è stato leggendo il libro di Renzo del Carrìa, Proletari senza rivoluzione, nel 1970, neppure 4 righi, ma la storia ufficiale non registrava e non registra ancora neppure quei quattro righi. Poi il popolo meridionale, voi, noi, ci siamo risvegliati, c’è stato questo monumento dell’amico scultore Bruno Galbiati, e abbiamo ricordato il 150enario. Nell’occasione misi in scena “Pietra arsa 1963” (oltre mille persone, grande orgoglio) e abbiamo avuto una strada dedicata all’evento dal Comune di San Giorgio. E da allora, anno dopo anno, rinnoviamo il ricordo della tragedia, simbolo di una tragedia più grande che è quella della colonizzazione del Sud: che ancora dura.

Tutta questa strada fatta è solo merito vostro, della vostra perseveranza che è figlia della ragione della storia. Avete avvicinato il giorno in cui questo evento comparirà nei libri di scuola. Quella di Pietrarsa è la storia di una protesta per il lavoro in un’epoca in cui non esistevano ancora né sindacati né leggi che tutelassero i diritti dei lavoratori. 

Dal 1843 lo stabilimento siderurgico di Pietrarsa voluto dai Borbone produceva locomotive e riparava materiale ferroviario ma, dopo l’Unità, per lo stabilimento fu una condanna inesorabile. Si decise una veloce dismissione, con la cessione dell’impianto a un privato che, per risparmiare, chiuse la scuola d’arte per la formazione degli operai, aumentò le ore di lavoro e licenziò. Dapprima si impegnò a mantenere almeno 800 operai dei 1050 di un anno prima, ma poi nell’estate del 1863 annunciò che non avrebbe potuto mantenere i suoi impegni. Licenziamento.  Davanti alla protesta degli operai furono allertati i bersaglieri.

I rapporti ufficiali parlarono di minacce, insulti ai bersaglieri, ma la reazione fu assai violenta: una carica alla baionetta e poi spari alla schiena sui fuggitivi: i libri scritti dagli storici del Regno d’Italia parlano di quattro morti e dieci feriti.